| Passiamo ora alle deduzioni (eventualmente rettificabili da parte di chi si è maggiormente occupato di questi dettagli) sulle ultime immagini rimasteci di Tenco, come parte integrante della ricostruzione dei suoi ultimi giorni di vita.
DEDUZIONI SULLE ULTIME IMMAGINI DI TENCO – D’accordo, anche stavolta l’ho presa un po’ larga, ma le considerazioni di cui sopra andavano indubbiamente fatte e ritengo peraltro che siano condivise da tutti gli amici tenchiani del Binario. Ma ora veniamo al punto: 1) la prima deduzione che mi è venuta in mente è che l’intero servizio fotografico dello “scoop” amoroso tra Tenco e Dalida risalga al 25/1/67: ricordo, per esempio, che in occasione di una discussione sul caso Tenco, Paolo ci aveva precisato che, dell’intera sequenza (circa una decina di foto che, approfittando ancora una volta della pazienza di Faustonet o Gully, chiederei di postare qui di seguito), la prima era stata scattata sulla scalinata dell’Hotel Savoy e le altre nel parco del Casinò, come se l’obiettivo li avesse seguiti dall’albergo che li ospitava mentre si stavano recando appunto a una di queste sedute di prove (forse di mattina, dopo aver fatto colazione insieme, o magari dopo pranzo, in vista della seduta pomeridiana). Come dicevo dunque, ho motivo di ritenere, per via puramente deduttiva (correggetemi se sbaglio!), che l’intero servizio fotografico risalga al 25/1/67, dovendo poi uscire pubblicamente sui quotidiani la mattina successiva (cioè quella del 26/1/67), come mossa mass-mediatica e di “lancio” in vista della prima serata di quel Festival. Nonostante le resistenze di Luigi a prestarsi a simili espedienti dello show-business, ciò mi sembra plausibile. Dopotutto, lo facevano in tanti, in quanto, ieri come ancor più oggi, il gossip e le love-stories più o meno montate ad arte (e tanto più se si prestavano al chiacchiericcio della clamorosità e dello “scandalo”) facevano comunque parte del gioco, nella misura in cui servivano a farsi notare dal pubblico e, quindi, a “trainare” i rispettivi brani. Personalmente, anche se piuttosto vagamente, per esempio, ricordo che Mick Jagger & Marianne Faithfull, Sonny & Cher ed altri facevano parlare di sé sulla stampa rosa per le loro personali love-stories sopra le righe, che magari attiravano un certo pubblico giovanile già “alternativo”, ma scandalizzavano o lasciavano indifferente il pubblico italiano medio di allora, abituato a ben altri costumi e magari più attratto dall’immagine popolare e rassicurante della “mammina tutta casa e chiesa”, incarnata per esempio da Orietta Berti (il cui talento vocale era ed è indiscutibile, per carità, ma con interpretazioni piatte e vecchio stampo, da “telefoni bianchi”). In più, come stavamo evidenziando nell’ultima discussione sul caso Tenco prima dell’intromissione ragoniana (che ci ha un po’ fatto perdere il filo, ma il cui contributo nei futuri sviluppi del caso sarebbe ben accetto!), c’era la questione di Gene Pitney: riguardo a La Rivoluzione, almeno in Italia, si è sempre fatto riferimento a Gianni Pettenati (che era certo “sponsorizzato” e lanciato dalla Fonit-Cetra), caricando sia lui che Orietta Berti, in riferimento al biglietto di Tenco, di una responsabilità morale che magari non avevano affatto, tanto più che Luigi si riferiva ai loro brani e quindi, semmai, a chi li aveva composti, ma non certo ai singoli esecutori. Per contro, si è sempre sottaciuto o ci si è ormai dimenticati del ruolo di Gene Pitney, che era il vero “sponsorizzato” n° 1 e che, dopo un paio di Festival precedenti andatigli così così, nel Sanremo 1967 doveva fare il grosso salto di qualità ed essere lanciato a tutti i costi dalla sua coproduzione italo-americana, a tal punto da fargli pianificare il matrimonio per il 28/1/67, data della serata finale, non semplicemente per uno scoop rosa, ma proprio per un exploit giornalistico, che avrebbe fatto parlare di lui per quell’intera giornata. Suppongo, in effetti, che all’epoca, per i suoi discografici, Gene Pitney (dotato peraltro anche lui di un indubbio talento vocale, ma sul piano interpretativo decisamente inespressivo) dovesse rappresentare la risposta americana al fenomeno canadese Paul Anka, che negli anni precedenti aveva sbancato su tutto il pianeta, specie con Diana: analoga capacità di frustare con i loro acuti, ma soprattutto stessa immagine di eterni “ragazzini per bene” e, diciamo pure, borghesi e magari anche un po’ “figli di papà”, con cui vendere dischi a sfare nel pubblico giovanile della middle-class americana (quella dei “bravi ragazzi” di Happy days, diciamo!) e da contrapporre all’immagine trasgressiva, ribelle e dissipata, da “gioventù bruciata” tutta sesso, droga rock & roll, tipica di un Elvis Presley che, magari aldilà delle sue intenzioni, aveva acquistato largo consenso tra la gioventù più povera e incazzata. Si potrà poi discutere a lungo se il rock in generale, come musica giovanile “alternativa”, sia stato davvero un movimento culturale eversivo o soltanto un “oppio del popolo giovane” su scala mondiale, ma questo è un altro discorso che magari potremmo riprendere altrove… Riassumendo dunque, non mi stupirebbe che Luigi, fatti i calcoli delle probabilità, magari avuto sentore che la RCA si stava piegando per quell’anno agli interessi della Fonit-Cetra e viste in quei giorni le sue frequentazioni al Casinò (se c’erano davvero di mezzo le scommesse clandestine, con informazioni anticipate tra i tavoli sui brani che ce l’avrebbero fatta), dovette mangiare la foglia che Ciao amore, ciao sarebbe stata fatta fuori proprio da La Rivoluzione. Da qui la decisione estrema, probabilmente sollecitata dalla stessa Dalida (che aveva certo più esperienza e confidenza di lui con queste mosse mass-mediatriche), di offrirsi in pasto al gossip e di “ufficializzare” la relazione tra entrambi nella sequenza fotografica di cui stiamo parlando, Se così è, questo scoop Dalida-Tenco non può che risalire al 25/1/67, dovendo comparire sui giornali il giorno dopo, per far parlare di sé in coincidenza con l’apertura ufficiale del Festival e come contromossa allo scoop matrimoniale di Gene Pitney e alle love-stories (vere o fasulle) di altri protagonisti. Era questo che stavo cercando di dire, magari in maniera un po’ provocatoria, nella nostra ultima discussione sul caso Tenco e che, tutto sommato, conviene approfondire qui. In questo senso, mi sembra che anche la testimonianza di Dossena divenga più comprensibile, assumendo però un altro significato: secondo lui, Luigi e Dalida gli avrebbero annunciato il loro matrimonio esattamente la sera prima (24/1/67). Probabilmente, i due avevano concordato insieme questa mossa mass-mediatica a sorpresa, tenendone all’oscuro i rispettivi agenti discografici; o, magari, non si sarà parlato proprio di matrimonio, ma soltanto di uscire allo scoperto, ufficializzando al grande pubblico la loro relazione (come l’avrebbe presa la sedicente “Valeria” non ci è dato saperlo, anche perché noi non sappiamo cosa sia realmente intercorso tra entrambi nei 10 giorni che vanno dalla lettera del 16/1/67 al 26/1/67: magari ci sarà stata una missiva di risposta introvabile o ancora non uscita fuori oppure ci saranno state delle telefonate, di cui non si è serbata traccia, o, magari, è perfino possibile che “Valeria” abbia respinto i tentativi di Luigi di recuperare in extremis la loro relazione, chissà?). In ogni caso, i risultati fotografici dello scoop Dalida-Tenco sono sotto gli occhi di tutti: Dalida si dimostra padrona di sé e perfettamente a suo agio davanti all’obiettivo fotografico, solare e innamorata; Luigi invece appare imbarazzato e fuori posto già lungo la scalinata del Savoy, non fa che fumare, “sorride di rado”, non sa dove mettere le mani, ecc. 2) La seconda deduzione, che traggo invece dalla seduta di prove di Dalida da cui è partita questa discussione è la seguente; mi sembra di capire (le nostre amiche tenchiane magari mi correggeranno!) che il vestito indossato dalla cantante durante questa prova sia lo stesso che si intravede, appunto, nello scoop fotografico, sotto la giacca e i pantaloni. Se così è, la sequenza fotografica è stata scattata proprio mentre entrambi si stavano recando a questa seduta di prove (mattina o pomeriggio del 25/1/67, appunto!). Quanto all’abbigliamento di Luigi, si può rilevare che indossa giacca con camicia e cravatta chiara. 3) La terza deduzione discende da quest’ultimo particolare, apparentemente irrilevante: nelle uniche foto di Tenco rimasteci delle prove (non più di due, credo, che pregherei come sempre Gully o Faustonet di recuperare e di postare qui sotto), Luigi indossa la giacca e un maglioncino a collo alto, di quelli che amava portare lui (forse perché ci si sentiva a suo agio o perché facevano già parte di un look “alternativo” e pre-sessantottino o, magari, anche perché celavano la tumefazione diffusa della tiroide, cosa che gli ipertiroidei fanno spesso!). Va notato che, in queste due immagini, Luigi appare realmente angosciato e sofferente, certo di più che nella sequenza di foto rimaste della sua esibizione ufficiale nella 1^ serata. In ogni caso, visto l’abbigliamento differente rispetto a quello dello scoop fotografico con Dalida, mi sembra ovvio concludere che tali foto col maglioncino risalgano alla seduta di prove della mattina del 26/1/67, quando forse si era reso conto di essere già tagliato fuori ed ebbe un diverbio col suo direttore d’orchestra, Giampiero Reverberi, sui tempi di esecuzione di Ciao amore,ciao (il che sarebbe già sufficiente a giustificare il suo aspetto particolarmente sofferente, a parte il suo prevedibile stress e la sua ansia da prestazione presso il grande pubblico, senza contare che non sappiamo come stessero andando le cose in quei giorni tra lui e “Valeria”). 4) A tal proposito, per concludere, vorrei aggiungere la mia sulla sola performance vocale di Tenco in quella maledetta serata del 26/1/87, della cui registrazione almeno disponiamo e che ho avuto modo di ascoltare ripetutamente sul Forum di Billy100 che l’ha ripresa, a sua volta, dal programma monografico L’acchiappanuvole. Non credo che ci vogliano chissà quali tests scientifici per comprendere che il vero problema di quell’esecuzione è la sfasatura dei tempi tra il cantante solista e l’orchestra: è come se l’orchestra corresse avanti e poi dovesse, momento per momento, rallentare per rimettersi in pari con Luigi, che peraltro è ben intonato come sempre e, semmai, sembra piuttosto stanco e fiacco soltanto nel ritornello. Ora, come ammette lo stesso Giampiero Reverberi in un’intervista riportata nel libro di Fabrizio Calzia (cfr, la recensione che, insieme al Ilmioregno, ne abbiamo fatto nello Scaffale tenchiano), il problema tecnico per cui la mattina del 26/1/67 ebbe un diverbio con Tenco (in quel momento, sicuramente teso e irritabile) fu proprio questo: Luigi preferiva un’esecuzione più lenta di Ciao amore, ciao (probabilmente per far scandire meglio il testo e farlo giungere bene alle orecchie del distratto pubblico sanremese), più lenta almeno rispetto alla registrazione discografica fatta in studio e, quindi, più simile alla versione originale Li vidi tornare. Su questo, non solo il solista e l’orchestra non riuscirono a combaciare durante le sedute di prova della mattina (da cui la lite col maestro Reverberi), ma la sfasatura dei tempi si confermò anche in occasione dell’esecuzione ufficiale. Non è affatto detto dunque che, nella dialettica tra cantante solista e orchestra, debba per forza “sgarrare” il primo, ma potrebbe “sgarrare” anche la seconda o, almeno, il risultato finale potrebbe dipendere da divergenze tecniche o da prove condotte in maniera approssimativa (e che Tenco fosse stato effettivamente poco presente alle prove credo sia accertato). Gradirei conferme o sconferme a queste mie considerazioni, deduzioni e impressioni conclusive sull’esecuzione di Luigi al Festival. Ciao a tutti e buone ferie!
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